Introduzione alla florula della Val Ravella a cura di Enrico BanfiSi usa chiamare florule le flore riferite a territori di piccola estensione; questi a loro volta sono definiti in base ai criteri più svariati, secondo il punto di vista e le intenzioni di chi le studia. In tutti i casi, una florula (come tutte le flore) è l’istantanea di un popolamento vegetale di cui si vuole documentare la biodiversità in termini di consistenza numerica (“richness”), valenza biologica, ecologia, geografica e -perché no- etnografia. Premetto che qualsiasi florula costituisce un’esplorazione botanica originale, mai scontata e sempre benvenuta indipendentemente dalle caratteristiche dell’area indagata, comunque sempre foriera di novità e se non altro di precisazioni utili. Se poi il territorio prescelto risponde a criteri di delimitazione naturale, come per esempio quello orografico, si può anche contare su una coerenza biogeografica che riduce al minimo il ricorso a cause umane per spiegare presenza, distribuzione e comportamento delle specie censite. Inoltre include due importanti “valori aggiunti”, cioè l’originalità dell’esplorazione in territori naturali che sono spesso poco se non per nulla studiati e la piattaforma conoscitiva di base che se ne ricava indispensabile ai successivi monitoraggi per la gestione del territorio.
Sergio Servodio lavora da anni al rilevamento della flora in Val Ravella, prezioso biotopo del Triangolo Lariano, tenendone sott’occhio ogni angolo e ogni habitat. È arrivato all’incredibile documentazione di 915 taxa fra specie e varianti infraspecifiche, quello che potremmo definire il risultato di un lavoro da certosino; molte entità presentano una forte valenza biogeografica in qualità di esoendemiti, piante cioè che pur non essendo esclusive della Val Ravella (in effetti di questo tipo non ce ne è), appartengono al contingente endemico lombardo esalpico (Prealpi) ed est-alpico. La maggioranza della flora è rappresentata da specie a distribuzione più ampia, incentrata sui corotipi europeo, europeo-caucasico ed eurasiatico; l’elemento mediterraneo non manca e quello che fa più piacere è che il contingente esotico è ancora -e speriamo tale resti- significativamente contenuto.
Enrico Banfi
FLORA DELLA VAL RAVELLALa val Ravella è una piccola conca verdeggiante situata in quel territorio delle Prealpi Comasche e Lecchesi definito “Triangolo Lariano”; più precisamente si estende ad est dell’abitato del paese di Canzo.
I monti che le fanno da corona sono i Corni di Canzo e la Cresta di Cranno a nord e i monti Prasanto, Rai, Cornizzolo e Pésora a sud.
L’attuale flora della Val Ravella è conseguenza di un elevato numero di fattori ambientali che si sono susseguiti nel corso del tempo.
Il principale evento che ha marcatamente influito sulla storia della flora della Valle è senza dubbio l’ultima glaciazione, denominata di Würm, conclusasi circa 12.000 anni fa. I ghiacci, che si estendevano fino alla Brianza, non coprivano le vette dei monti della Valle, ma le circondavano solamente, raggiungendo al massimo la quota di circa 1.000 metri; chiare testimonianze dell’evento sono rappresentate dai massi erratici (detti anche “trovanti”): si tratta di enormi macigni di serpentino verde e di ghiandone, che, trascinati dai ghiacci fin dalle lontane valli alpine (ad es. la Val di Masino), sono poi stati abbandonati sul posto al ritirarsi delle grandi masse nevose; per l’appunto di questi “trovanti” non v’è traccia oltre i 1.000 metri di quota.
La vegetazione che viveva isolata al di sopra dei ghiacciai è riuscita a sopravvivere con alcune tenaci specie fino ai nostri giorni; l’isolamento ha contribuito a far si che queste specie si differenziassero dalle altri similari che hanno proseguito la loro evoluzione al di fuori della morsa dei ghiacci, rendendole uniche; esse sono definite “Endemiti” e formano l’ “Endemismo Insubrico”.
L’elenco di tali endemiti presenti sulle vette della Valle è il seguente:
- Saxifraga vandellii Sternb.
- Cytisus emeriflorus Rchb.
- Euphorbia variabilis Cesati
- Viola dubyana Burnat ex Gremli
- Primula glaucescens Moretti subsp. glaucescens
- Knautia transalpina (Christ) Briq.
- Campanula raineri Perpenti
- Physoplexis comosa (L.) Schur
- Xerolekia speciosissima (L.) Anderb.
- Centaurea rhaetica Moritzi
- Leontodon tenuiflorus (Gaudin) Rchb.
- Allium insubricum Boiss.& Reut.
- Carex baldensis L.
- Carex austroalpina Becherer,
segnalata inoltre la presenza di
- Minuartia grignensis (Rchb.) Mattf.
Al ritirarsi dei ghiacci la Valle è stata mano a mano ripopolata dalla flora circostante, accogliendo specie provenienti dall’areale alpino come da quello caratteristico della pianura e che, col tempo, ha visto il consolidarsi di specie più tipicamente mediterranee, inserimento favorito anche dal clima diventato mite per l’influenza dei laghi e dalla presenza dell’uomo.
Negli ultimi decenni, poi, si è verificata una tendenza ad un impoverimento della quantità delle specie residenti, dovuto in gran parte al progressivo abbandono delle attività dell’uomo nella Valle, che non falciando più i prati, non curando i boschi e tralasciando il pascolo dei bovini, ha fatto si che il bosco riguadagnasse gran parte delle aree prative, soffocando la tipica flora delle stesse.
Per contro si sono aggiunte specie coltivate ed esotiche, e questo anche al di fuori dei terreni privati. Infatti negli ambienti più antropizzati si rileva una continua evoluzione del numero delle diverse specie presenti. Ciò è in parte dovuto al consapevole intervento dell’uomo, che introduce volutamente elementi di tipo ornamentale (come, ad esempio, Cotoneaster horizontalis Decne. o Aucuba japonica Thunb.); ma anche all’apporto inconsapevole di specie aggressive, che vengono trasportate in forma di sementi nei modi più disparati (ad esempio Reynoutria x bohemica, Senecio inaequidens D.C. e Conyza canadensis (L.) Cronq.).
Alcune essenze poi, apparentemente scomparse, ricompaiono anche dopo molti anni; il che non esclude quindi che elementi rintracciati in una sola occasione non possano essere comunque sempre presenti nell’areale considerato come, ad esempio, l’Anacamptis pyramidalis (L.) L.C.M.Rich. o Tanacetum parthenium (L.) Sch.Bip..
Vi sono inoltre alcune specie che sembrerebbero effettivamente estinte, tra queste segnalo Onobrychis arenaria (Kit.) DC. subsp. Arenaria, Chamaenerion angustifolium (L.) Holub, nonché, tra le specie segnalate, Dryas octopetala L. che è un raro relitto glaciale se riferito a queste quote ed a queste latitudini.
In "Itinerari Botanici di Actaplantarum" due brevi escursioni nella Valle a questi link:
(Val Ravella – escursione ai Corni di Canzo) e
(Val Ravella – escursione ai monti Pésora-Cornizzolo-Rai-Prasanto)
Bibliografia essenziale.
Principali testi consultati per la determinazione delle specie:
- Pignatti, Sandro 1982: Flora d’Italia – Edagricole edit., Bologna
- Pietro, Zangheri 1976: Flora italica – Cedam, Padova
Principali testi consultati per le segnalazioni storiche (a cui si rimanda per una bibliografia completa):
- Gianguido Consonni e Pierfranco Arrigoni 1997: La flora Insubrica – Tipografia Editrice Cesare Nani, Lipomo (CO)
- Banti, Luciano ed altri 2015: Flora del Lario – New Press Edizioni, Cermenate (CO)
Inoltre sono stati utilizzati i riferimenti provenienti dalla ricerca effettuata in Val Ravella nel 1983, quale tesi di laurea, da Roberta Calvi.
Molte specie sono state determinate sul campo in numerose escursioni con specialisti del settore, tra cui cito e ringrazio: Enrico Banfi, Giorgio Ceffali, Gianguido Consonni, Pierfranco Arrigoni, Gabriele Galasso, Franco Redaelli, Sergio Poli.
Le osservazioni personali vanno dal maggio 1973 ad "oggi".
Sergio Servodio