Salve, su questa piattaforma ho notato che anche per i taxa sottospecifici vengono forniti dei nomi italiani; spesso sono gli stessi nomi usati da vecchie fonti di riferimento (Pignatti dell'82, Fiori,etc.) per definire volgarmente specie che però successivamente sono state declassate a sottospecie, ne desumo che sulle schede botaniche della piattaforma si sia semplicemente scelto di mantenere quel nome italiano. In altri casi, addirittura, non si partiva nemmeno da una specie, ma da una varietà ,vedi Tanacetum corymbosum(L.) Sch.Bip. le cui varietà in Pignatti dell'82 sono state trasformate in sottospecie nella checklist del 2018. Premettendo che so che i nomi italiani sono certamente assai meno significativi di quelli latini,la mia domanda è: si può considerare formalmente corretto attribuire un nome italiano ad una entità sottospecifica?
Grazie dell'attenzione.
Nomi volgari delle sottospecie
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- Marinella Zepigi
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Re: Nomi volgari delle sottospecie
Salve Lorenzo.
Il database di IPFI nasce nel 2009 con circa 7000 nomi italiani, quasi tutti ottenuti da Pignatti (1982). Il lavoro di completamento, certosino e meticoloso, ha previsto una fase di ottimizzazione del database stimolata anche da alcuni obiettivi preventivamente condivisi con gli Amministratori di AP:
⦁ Completare il database: ogni entità botanica deve avere almeno un nome italiano;
⦁ Escludere inutili “doppioni”: ogni nome italiano deve corrispondere ad un’unica entità botanica; le uniche eccezioni a questa regola riguardano la specie e la sua sottospecie nominale e la sezione del genere Taraxacum e la specie con epiteto specifico uguale al nome della sezione (a parte la desinenza) che hanno sempre lo stesso nome italiano (o gli stessi nomi italiani se questi sono più di uno);
⦁ Evitare per una singola entità botanica lunghe liste di nomi italiani, poco significativi e poco diversificati;
⦁ Utilizzare il più possibile, sia pur in modo compatibile con quanto sopra esposto, nomi conosciuti e popolari;
⦁ Cercare di omogeneizzare i nomi di entità appartenenti allo stesso genere;
⦁ Quando necessario, utilizzare nomi italiani il più possibile vicini al binomio latino: l’“italianizzazione” dei nomi deve essere condotta “cum granu salis” ma anche con un pizzico di simpatica ironia.
Per raggiungere gli obiettivi sopra elencati si sono utilizzati una serie di strategie e metodi quali l’analisi dei repertori esistenti, la coerenza con l’etimologia del nome scientifico e la condivisione dei risultati ottenuti.
Quando disponibile e non duplicato, il primo nome che si trova ora in IPFI è riferito a Pignatti (1982). Il secondo nome fa riferimento a Aeschimann & al. (2004).
Talvolta sia il nome in Pignatti (1982) che quello in Aeschimann & al. (2004) non sono simili al nome latino. In parecchi di questi casi, è stato aggiunto un secondo o terzo nome, simile al binomio scientifico, attenendosi il più possibile all’etimologia.
Non sono mai stati inventati nomi di genere, ma ci si è sempre riferiti per l’epiteto generico ai repertori esistenti o all’uso comune.
Lo stesso criterio è stato applicato per le specie aliene per cui non c’era bibliografia di riferimento, se non Banfi & al. (2010). In questo ultimo caso e per le nuove aggiunte si è tenuto conto anche dei nomi comuni stranieri traducendoli in italiano. Per le Orchidaceae si sono utilizzati alcuni nomi proposti dal Giros (2009).
Nel caso di sottospecie il nome italiano non è presente in Pignatti (1982) e solo alcuni sono presenti in Aeschimann & al. (2004); si è scelto quindi di fare sempre riferimento all’epiteto sottospecifico, lasciando perdere l’epiteto specifico, privilegiando quindi l’epiteto “minimo”, quasi sempre unico e quindi più rappresentativo della singola entità.
In moltissimi casi il nome di Pignatti (1982) e di Aeschimann & al. (2004) si sovrappongono. In alcuni casi l’unica differenza corrisponde ad un segno grafico, ad esempio il trattino d’unione o un numero scritto in cifra o per esteso. In questi casi si è scelto di semplificare, eliminando il trattino d’unione e utilizzando un solo nome italiano: lo stesso nome ripetuto due volte con la sola differenza di un segno grafico è sembrato ridondante. È stato conservato il trattino d’unione dove i nomi nelle due pubblicazioni non sono uguali. Tutti i numeri sono stati scritti per esteso.
È stato utilizzato il sito di Dryades, dove sono elencati , fra gli altri, i nomi regionali e locali, trovando in questo un punto di riferimento autorevole per poterli escludere.
Sono state riscontrate alcune inesattezze in Aeschimann & al. (2004), come, ad esempio, Carnia in luogo di Carniola, oppure cognomi italianizzati, o ancora il nome della specie riportato con quello della sottospecie; solo in questi casi ci siamo presi la libertà di “correggere”.
Tutte le eccezioni, i dubbi o i cambiamenti radicali, come nel caso del genere Pilosella, sono stati discussi e concordati in forum.
Risultati e Discussione
Il database dei nomi italiani di IPFI contiene oggi più di 17000 records.
Abbiamo raggiunto i due principali obiettivi che ci eravamo posti: tutte le entità botaniche possiedono almeno un nome italiano e nessun nome italiano è riferito a più entità botaniche con le uniche, accettate eccezioni di specie e relativa sottospecie nominale e di sezioni di Taraxacum.
Tornando alla tua domanda, non so se è per tutti formalmente corretto attribuire un nome italiano ad una entità sottospecifica. Noi lo abbiamo fatto con il metodo e per i motivi sopra elencati .
Il database di IPFI nasce nel 2009 con circa 7000 nomi italiani, quasi tutti ottenuti da Pignatti (1982). Il lavoro di completamento, certosino e meticoloso, ha previsto una fase di ottimizzazione del database stimolata anche da alcuni obiettivi preventivamente condivisi con gli Amministratori di AP:
⦁ Completare il database: ogni entità botanica deve avere almeno un nome italiano;
⦁ Escludere inutili “doppioni”: ogni nome italiano deve corrispondere ad un’unica entità botanica; le uniche eccezioni a questa regola riguardano la specie e la sua sottospecie nominale e la sezione del genere Taraxacum e la specie con epiteto specifico uguale al nome della sezione (a parte la desinenza) che hanno sempre lo stesso nome italiano (o gli stessi nomi italiani se questi sono più di uno);
⦁ Evitare per una singola entità botanica lunghe liste di nomi italiani, poco significativi e poco diversificati;
⦁ Utilizzare il più possibile, sia pur in modo compatibile con quanto sopra esposto, nomi conosciuti e popolari;
⦁ Cercare di omogeneizzare i nomi di entità appartenenti allo stesso genere;
⦁ Quando necessario, utilizzare nomi italiani il più possibile vicini al binomio latino: l’“italianizzazione” dei nomi deve essere condotta “cum granu salis” ma anche con un pizzico di simpatica ironia.
Per raggiungere gli obiettivi sopra elencati si sono utilizzati una serie di strategie e metodi quali l’analisi dei repertori esistenti, la coerenza con l’etimologia del nome scientifico e la condivisione dei risultati ottenuti.
Quando disponibile e non duplicato, il primo nome che si trova ora in IPFI è riferito a Pignatti (1982). Il secondo nome fa riferimento a Aeschimann & al. (2004).
Talvolta sia il nome in Pignatti (1982) che quello in Aeschimann & al. (2004) non sono simili al nome latino. In parecchi di questi casi, è stato aggiunto un secondo o terzo nome, simile al binomio scientifico, attenendosi il più possibile all’etimologia.
Non sono mai stati inventati nomi di genere, ma ci si è sempre riferiti per l’epiteto generico ai repertori esistenti o all’uso comune.
Lo stesso criterio è stato applicato per le specie aliene per cui non c’era bibliografia di riferimento, se non Banfi & al. (2010). In questo ultimo caso e per le nuove aggiunte si è tenuto conto anche dei nomi comuni stranieri traducendoli in italiano. Per le Orchidaceae si sono utilizzati alcuni nomi proposti dal Giros (2009).
Nel caso di sottospecie il nome italiano non è presente in Pignatti (1982) e solo alcuni sono presenti in Aeschimann & al. (2004); si è scelto quindi di fare sempre riferimento all’epiteto sottospecifico, lasciando perdere l’epiteto specifico, privilegiando quindi l’epiteto “minimo”, quasi sempre unico e quindi più rappresentativo della singola entità.
In moltissimi casi il nome di Pignatti (1982) e di Aeschimann & al. (2004) si sovrappongono. In alcuni casi l’unica differenza corrisponde ad un segno grafico, ad esempio il trattino d’unione o un numero scritto in cifra o per esteso. In questi casi si è scelto di semplificare, eliminando il trattino d’unione e utilizzando un solo nome italiano: lo stesso nome ripetuto due volte con la sola differenza di un segno grafico è sembrato ridondante. È stato conservato il trattino d’unione dove i nomi nelle due pubblicazioni non sono uguali. Tutti i numeri sono stati scritti per esteso.
È stato utilizzato il sito di Dryades, dove sono elencati , fra gli altri, i nomi regionali e locali, trovando in questo un punto di riferimento autorevole per poterli escludere.
Sono state riscontrate alcune inesattezze in Aeschimann & al. (2004), come, ad esempio, Carnia in luogo di Carniola, oppure cognomi italianizzati, o ancora il nome della specie riportato con quello della sottospecie; solo in questi casi ci siamo presi la libertà di “correggere”.
Tutte le eccezioni, i dubbi o i cambiamenti radicali, come nel caso del genere Pilosella, sono stati discussi e concordati in forum.
Risultati e Discussione
Il database dei nomi italiani di IPFI contiene oggi più di 17000 records.
Abbiamo raggiunto i due principali obiettivi che ci eravamo posti: tutte le entità botaniche possiedono almeno un nome italiano e nessun nome italiano è riferito a più entità botaniche con le uniche, accettate eccezioni di specie e relativa sottospecie nominale e di sezioni di Taraxacum.
Tornando alla tua domanda, non so se è per tutti formalmente corretto attribuire un nome italiano ad una entità sottospecifica. Noi lo abbiamo fatto con il metodo e per i motivi sopra elencati .
marinella
La libertà è come l'aria, ci si accorge di quanto vale solo quando comincia a mancare (P. Calamandrei)
"Si fa quel che si può e se abbiamo fatto un errore si corregge". Motto ufficiale di Acta Plantarum
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- Nome: Lorenzo
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Re: Nomi volgari delle sottospecie
Grazie mille