Introduzione
La plurimillenaria conoscenza delle virtù terapeutiche delle piante lega l’uomo al mondo dei vegetali fin da tempi remoti;
un legame che si incardina nelle pieghe del profondo subconscio della mente umana e che il progresso scientifico in campo chimico
farmaceutico e tossicologico consente di spiegare razionalmente in quell’intima interazione uomo-pianta intrinsecamente carica di vita.
Le secolari stratificazioni di credenze derivanti da interpretazioni del pensiero filosofico-alchemico, magico-religiose e di
superstizione che incredibilmente si sono trascinate quasi immodificate sino alle soglie dei nostri tempi si sollevano restituendoci la
possibilità di conoscere le vere proprietà curative delle piante che alla luce delle moderne conoscenze scientifiche possono apparire
asettiche, quasi deprivate di quella potenza vitale che si pretende che le piante possano trasferire all’uomo, ma certo ancor più affascinati
nella loro estrema semplicità per chi possiede occhi e mente per osservare.
La farmacologia finalmente ha esteso il proprio già vasto raggio di competenze alla conoscenza dell’alto potenziale terapeutico delle piante:
dall’applicazione dei principi di farmacodinamica e farmacocinetica nasce la moderna fitofarmacia e fitoterapia. La relazione “naturale-innocuo”
non ha dunque più alcun significato.
La conoscenza scientifica è alla base di un uso razionale e consapevole delle piante a scopo terapeutico o salutistico.
Ciò assume particolare importanza nell’odierna civiltà occidentale a causa del rinnovato e pressante interesse dimostrato nei confronti delle
piante e delle loro virtù, il risultato di un rifiuto di una modernizzazione sul piano tecnologico, scientifico ed industriale che ha portato
l’uomo alla periferia della natura e della sua stessa esistenza.
Un percorso ed una ricerca da non contrastare né da incoraggiare, ma guidare o arrestare soprattutto quando dovessero dimostrarsi pericolosi o
fuorvianti.
Plantae medicinales
Si definisce genericamente pianta medicinale qualunque organismo vegetale in grado di produrre una o più sostanze che possono essere impiegate
a fini terapeutici come tali o in qualità di precursori dotati di scarsa o nulla attività farmacologica da cui, per emisintesi, è possibile
ottenere sostanze finali di maggiore interesse terapeutico.
Per pianta officinale si intende qualsiasi pianta di interesse farmaceutico utilizzata come tale dalle officine farmaceutiche per la
produzione di medicinali. Dalle piante medicinali si ottengono preparazioni intermedie denominate droghe vegetali intese come piante intere
frammentate o tagliate o parti di piante, alghe, funghi e licheni non trattate generalmente essiccate o fresche ovvero essudati sottoposti
ad uno specifico trattamento.
Tutte le droghe vegetali sono individuate e definite dal nome scientifico botanico della piante da cui esse derivano secondo il sistema
binomiale genere-specie.
Le droghe vegetali si ottengono da piante selvatiche o coltivate la cui qualità è garantita dall’adozione di specifici metodi di campionamento,
coltivazione, raccolta, determinazione mediante esame botanico, procedure di preparazioni intermedie, essiccamento e conservazione.
Per ogni pianta medicinale è possibile definire gruppi di sostanze, elementi o principi cui si attribuiscono differenti funzioni o attività.
Sostanze primarie: gruppo eterogeneo di sostanze cui si riconduce un potere terapeutico ovvero la capacità di agire specificatamente su organi
e sistemi alterandone la normale attività attraverso interazione recettoriale o modificazioni delle funzioni metaboliche cellulari.
Sostanze secondarie: gruppo di sostanze dotate di scarso potere terapeutico intrinseco ma che agiscono modulando l’attività delle sostanze primarie.
Le sostanze primarie e le sostanze secondarie definiscono il fitocomplesso, gruppo di principi e sostanze irriproducibile ed esclusivo di ogni specie.
Sostanze inerti solubili: gruppo di sostanze prive di apparente significato terapeutico solubili nei solventi estrazione.
Sostanze di sostegno: sostanze inerti, insolubili, derivanti dalla frammentazione dei tessuti di sostegno degli organismi vegetali.
Fitocomplesso
Il fitocomplesso è l’unità farmacologica complessa, variabile ed esclusiva di ogni specie vegetale all’interno del quale è possibile
riconoscere diverse sostanze dotate di attività farmacologica o di proprietà tossicologiche che insieme definiscono il finger-print
fitochimico.
Da un punto di vista fisiologico si suole distinguere le sostanze prodotte dalle piante in due grandi gruppi:
metaboliti primari cui appartengono le sostanze metabolicamente essenziali per la fisiologia e la sopravvivenza delle piante quali vitamine, zuccheri, aminoacidi, acidi grassi, ecc.;

metaboliti secondari: vasto gruppo di sostanze contenute in organi o fluidi, in parti della pianta o in tutti i suoi tessuti che costituiscono
il prodotto finale di complesse catene di reazioni biochimiche prodotte per diverse ragioni (sistemi di richiamo degli impollinatori,
difesa da agenti patogeni ed aggressioni da parte di animali superiori, limitazione dello sviluppo e della crescita di specie competitrici,
ecc.) e che rappresentano il bacino principale delle sostanze cui si rivolge maggiore attenzione per ciò che riguarda il loro possibile impiego
in ambito terapeutico.
Un sistema classico di classificazione delle sostanze farmacologicamente attive di origine vegetale prevede di raggruppare i principi secondo a
loro struttura chimica ed attività principale su organi e sistemi.
Le sostanze attive di origine vegetale sono:
Alcaloidi:
Glicosidi:
Alcaloidi
Alcaloidi: sostanze organiche a struttura eterociclica contenente almeno un atomo di azoto e che, pertanto, in soluzione acquosa mostrano
reazione basica (esempio in fig. 1: formula di struttura della codeina).
Si tratta di composti dotati notevole tossicità e di importanti azioni biologiche anche a dosi relativamente molto basse.
In base alla loro attività biologica possono essere classificati in:
alcaloidi attivi sull'apparato respiratorio;
alcaloidi ad attività cardiaca;
alcaloidi ad attività renale;
alcaloidi attivi sul SNC;
alcaloidi attivi sul SNA;
alcaloidi attivi sulla muscolatura liscia;
alcaloidi ad attività citotossica e citostatica; (es.: vincristina, fig.: 2)
alcaloidi ad attività antiprotozoaria, antiamebica, antielmintica, antinfestante;
alcaloidi attivi sulla muscolatura uterina.
fig.1: codeina
(tratto e modificato da PubChem compound.)
fig.2: vincristina
(tratto e modificato da PubChem compound.)
Glicosidi
Glicosidi: vasto gruppo di sostanze costituite da un nucleo glucidico detto glicone
legato con legame glicosidico ad un nucleo di natura non glucidica detto aglicone, regione della molecola
responsabile dell’attività farmacologica del glucoside.
In base alla loro attività biologica ed alle caratteristiche fisico-chimiche, i glicosidi possono classificarsi in:
glicosidi cardioattivi: molecole il cui aglicone è costituito da un derivato steroidico appartenete alla serie
dei cardenolidi (es.: ouabaina, fig.: 3), ovvero alla serie dei bufadienolidi (es.: scillarene).
glicosidi iridoidi(monoterpenici): molecole il cui aglicone è costituito da un derivato di natura iridoide (aucuboside, arpagoside).
glicosidi salicilici: gruppo di glucosidi il cui aglicone è costituito da derivati dell’acido salicilico (es.: salicina).
glicosidi idrochinonici: glucosidi il cui aglicone è costituito da derivati dell’idrochinone o del metilidrochinone (es.: arbutina).
glicosidi flavonici: glicosidi con aglicone costituito da un nucleo di natura flavonica (es.: rutina , fig. 4).
fig.3: Ouabaina
glicoside cardioattivo con aglicone steroidico
appartenente alla serie dei cardenolidi.
(Tratto e modificato da PubChem compound)
fig.4: Rutina
(tratto e modificato da PubChem compound.)
glicosidi cumarinici: gruppo di glicosidi il cui aglicone è costituito da un derivato della cumarina.
glicosidi cianognetici: glicosidi che per idrolisi liberano acido cianidrico. Esempi noti di sostanze con simili proprietà sono costituiti dall’amigdalina (fig. 5) e dalla durrina.
glicosidi antrachinonici: glicosidi il cui a glicone possiede una struttura antrachinonica. Generalmente nelle piante fresche sono
presenti in forma ridotta (antrachinoli) ed in seguito ad essiccamento si ossidano in antrachinoni (es.: aloina, fig. 6).
glicosidi solforati: glicosidi il cui aglicone, per azione dell’enzima mirosinasi o in particolari condizioni di temperatura e
pressione, liberano isotiocianato ad azione rubefacente, revulsiva e vescicante (es.: sinigrina)..
glicosidi saponinici: gruppo di glicosidi il cui aglicone può essere costituito da sostanze di origine steroidica
(es.: diosgenina), triterpenica (es.: escina) o glicoalcaloidea (es.: solasodina).
Possiedono la particolare proprietà di abbassare la tensione superficiale dell’acqua quando in essa sono dispersi.
Per il loro alto potere tensioattivante formano schiume in dipendenza dalla concentrazione, assumendo un comportamento fisico
simile a quello dei saponi da cui il nome.
glicosidi antocianici: simili ai glucosidi flavonici il cui aglicone è costituito da un’antocianidina. Le antocianidine
(es.: petunidina, fig. 7) sono diffuse in natura e sono responsabili delle colorazioni rosse e blu nelle diverse tonalità in fiori e frutti.
fig.5: Amigdalina
(Tratto e modificato da PubChem compound)
fig.6: Aloina
(tratto e modificato da PubChem compound.)
fig.7: Petunidina
(tratto e modificato da PubChem compound.)
Essenza

Essenze: sostanze aromatiche, di natura eterogenea, per lo più volatili, con densità
inferiore a quella dell’acqua, oleose, liposolubili o poco solubili in acqua, solubili in
solventi organici, prodotte dalle piante al fine di istituire un efficace mezzo di
protezione e repellenza da parassiti ed aggressori o, per ciò che riguarda le piante
che affidano la dispersione dei pollini agli insetti (impollinazione entomogama), per
attrarre gli impollinatori, ovvero quali regolatori delle funzioni biologiche basali o in
risposta ad uno stimolo esterno.
La maggior parte delle sostanze conosciute è costituita da derivati monoterpenici
(es.: pinene, fig. 8) e sesquiterpenici (es.: farnesene) cui si aggiungono sostanze di
natura fenolica (es.: timolo, eugenolo: fig. 9), aldeidica (es.: citronellale, aldeide
cinnamica), alcolica (es.: mentolo), chetonica (es.: carvone, tujone: fig. 10), eteri ed
ossidi (es.: anetolo), esteri (es.: acetato di mentile).
Benchè si utilizzi il termine essenze quale sinonimo di oli essenziali, questi ultimi
costituiscono solo una frazione dell’originale composizione della miscela di sostanze
naturali di partenza prodotte dalla pianta ed estratte mediante tecniche che possono,
in alcuni casi, modificare il risultato finale.
Generalmente si suole distinguere le essenze in
Essenze preformate: sono le più rappresentate e nel mondo vegetale.
Essenze non preformate: derivano da sostanze complesse e si formano in particolari
condizioni come ad esempio durante la fase di distillazione o estrazione o per
attivazione enzimatica.
Le essenze si ricavano, dunque, da materie prime vegetali attraverso l’impiego di
metodi estrattivi che non prevedono l’uso di calore e che non influiscono
significativamente sulla loro composizione.
In taluni casi le essenze possono essere sottoposte ad ulteriori trattamenti
finalizzati al miglioramento delle qualità apprezzate in ambito industriale, cosmetico e farmacologico.
Si parla così di:
Essenze deterpenata quando un’essenza è deprivata parzialmente o totalmente di
idrocarburi monoterpenici, processo che in genere esalta il profumo.
essenza deterpenata e desesquiterpenata quando da un’essenza sono rimossi,
parzialmente o totalmente, gli idrocarburi mono e sesquiterpenici.
essenza rettificata quando un’essenza per distillazione frazionata viene priva di
alcuni componenti o se ne modifica il contenuto.
essenza priva di ‘‘x’’quando un’essenza subisce la rimozione parziale o totale di uno
o piu' costituenti.
Da tempi remoti si conoscono le virtù terapeutiche delle essenze.
Molteplici sono le proprietà farmacologiche riconducibili alle essenze. Sembrano
essere in grado di stimolare le funzioni biologiche di diversi organi e sistemi,
possono aumentare significativamente l’attività secretoria della mucosa gastrica ed
intestinale, e del tratto bronchiale dell’apparato respiratorio; presentano
un’interessante e notissima attività antinfiammatoria unitamente alla capacità di
svolgere un’azione spasmolitica sulla muscolatura liscia ed antisettica-antimicrobica.
Sfortunatamente possiedono un basso indice trapeutico e molti composti risultano
essere severamente tossici (es.: tujone) o irritanti per cute mucose ed occhi.
fig.8: pinene
(Tratto e modificato da PubChem compound)
fig.9: Eugenolo
(tratto e modificato da PubChem compound.)
fig.10: Tujone
(tratto e modificato da PubChem compound.)
Tannini

Tannini: gruppo di sostanze di natura polifenolica dal sapore fortemente acre,
astringente caratterizzate dalla capacità di legarsi alle proteine per formare composti insolubili.
Si ritrovano principalmente nei tessuti sostegno o tegumentari delle piante ma
anche in altri organi come le foglie. Qui svolgono essenzialmente una funzione di
protezione della pianta dagli attacchi fungini e batterici, e di difesa dai parassiti.
Originariamente utilizzati nella concia delle pelli, oggi sono impiegati in fitoterapia,
seppure con cautela, per la loro azione astringente ed antiarroica, antinfiammatoria,
antibatterica ed emostatica. La loro azione si esercita esclusivamente a livello locale
(cute e mucose) e non sistemico, ad eccezione di alcune proantocianidine o loro
derivati complessi (es.: picnogenolo).
Si tratta di sostanze scarsamente biodisponibili
e comunque non in grado di essere veicolate nel sangue dal lume intestinale. Infatti
la capacità di legare le proteine delle cellule epiteliali rende la mucosa intestinale
poco permebile riducendone contemporaneamente la capacità secretoria. Da qui il
principale impiego in qualità di astringenti ed antiarroici.
Si suole suddividere i tannini in tre classi:
tannini idrolizzabili: derivano dall’acido gallico (gallotannini, fig. 11) o dall’acido ellagico (ellagitannini).
Quei tannini che per idrolisi liberano una molcola di zucchero sono detti
glucotannini o tannosidi mentre se per idrolisi si liberano molecole di tannini più
semplici essi sono detti depsidi. I depsidi sono esteri di due o più acidi polifenolici.
tannini condensati: sono anche detti proantocianidine e derivano dalla polimerizzazione complessa del catecolo.
Tra le più importanti attività di questi tannini si evidenziano quelle vasoprotettive ed antiossidanti (sistemicamente e per
applicazione locale).
tannoidi: ovvero derivati dell’acido clorogenico. Sono anche noti come tannini
del caffè. Derivano dall’esterificazione dell’acido clorogenico con l’acido chinico. Ne
sono particolarmente ricchi il caffè, il matè e il thè.
Ad una quarta classe di tannini, ritrovata per la prima volta in alcune alghe brune,
appartengono i florotannini, composti di origine polifenolica poco solubile in acqua e
mai isolata nelle piante terrestri.
fig.11: gallotannino
(Tratto e modificato da PubChem compound)
Le resine

Le resine: sostanze complesse, viscose, amorfe, insolubili in acqua, solubili in alcool e
solventi organici, dapprima liquide poi dure quando esposte all’aria; esse sono
prodotte dalle piante a scopo difensivo o rigenerativo e da queste accumulate in
speciali organi costituiti da dotti e canalicoli resiniferi.
Sono raramente impiegate per uso interno poiché irritanti per la mucosa
intestinale (effetti lassativi per aumento della peristalsi) mentre per uso esterno sono
oggi sempre meno utilizzate per il trattamento di disturbi minori.
In associazione con le essenze costituiscono i cosiddetti balsami, miscele di
resine terpeniche costituite, in diversi rapporti, da sostanze di natura terpenica
volatili e solide, resinotannoli e derivati dell’acido cinnamico e benzoico (es.: balsamo del Tolù).
Simili ai balsami, le oleoresine presentano consistenza più fluida per un più alto
contenuto in terpeni e sostanze volatili (es.: trementina).
Quando associate alle gomme si suole indicarle come gommoresine, cioè miscele di
resine e gomme naturali (es.: mirra).
fig.12: Colatura di resina da Abies sp.
(Foto di Davide Danzi)
fig.13: Resina di Prunus cerasus
(Foto di Vito Buono)
Carboidrati
Carboidrati: sostanze organiche con formula generale Cn(H2O)m contenenti un gruppo aldeidico o chetonico. Fanno parte dei carboidrati i saccaridi o zuccheri
generalmente suddivisi in zuccheri a cinque atomi di carbonio (pentosi) o sei atomi di carbonio (esosi). Essi sono presenti in natura in forma semplice (monomeri) o
complessa (dimeri; es.: maltosio, stachyosio, verbascosio; oligomeri e polimeri; es.: inulina, amido) prodotti dalle piante fondamentalmente per scopi metabolici e biologici.
fig.14: Fruttosio
(tratto e modificato da Pub Chem)
fig.15: Verbascosio
(tratto e modificato da Pub Chem)
Funzione metabolica: gli zuccheri, in particolar modo glucosio e fruttosio, rappresentano un’importante fonte di energia ottenuta da processi ossidativi,
necessari per sostenere direttamente o indirettamente qualsiasi processo metabolico cellulare.

Amido: sostanza polisaccaridica costituita da amilosio ed amilopectina, la cui unità fondamentale costitutiva è rappresentata dal glucosio.
L’amido è una tra le più antiche fonti nutrizionali per l’uomo la cui disponibilità e reperibilità ha decretato il successo o il declino di civiltà di ogni epoca e luogo.
Esso è prodotto dalle piante allo scopo di costituire una riserva di glucosio da mobilitare durante la ripresa dei cicli vegetativi o nelle prime fasi di sviluppo dei
tessuti embrionali. Allo tale scopo infatti è immagazzinato, come altri polimeri saccaridici come l’inulina (polimero del fruttosio) aventi lo stesso significato
funzionale, in particolari sedi anatomiche quali radici, tuberi, fusto, semi. Si tratta di una fonte alimentare oggi largamente diffusa e facilmente disponibile
grazie alla selezione di specie altamente produttive (poaceae, solanaceae). Oltre che per i ben noti e comuni usi alimentari, l’amido è largamente impiegato in
processi produttivi industriali e nell’industria farmaceutica, principalmente come eccipiente.
Gli zuccheri possono altresì essere utilizzati dalle piante quali intermedi di sintesi per la produzione di metaboliti necessari all’avvio o al mantenimento di complesse
reazioni metaboliche di biosintesi.
fig.16: Amido di Mais
(tratto e modificato da Pub Chem)
fig.17: Zea mays
(foto di Aldo De Bastiani)

Funzione biologica: raggruppa varie funzioni per le quali la produzione delle molecole di zuccheri da parte delle piante rappresenta l’obiettivo finale senza che gli
stessi siano coinvolti in reazioni di biosintesi (processi catabolici o anabolici). Gli zuccheri semplici o complessi assumono quindi ruoli centrali sotto molteplici aspetti.
Zuccheri semplici o in forma dimerica (saccarosio), ad esempio, possono essere secreti dalle piante per attrarre gli insetti impollinatori e fovorire così la dispersione
del polline nell’ambiente (impollinazione entomofila), o quando presenti in drupe, bacche o pomi, per facilitare la diffusione dei semi per tramite degli animali
(dispersione zoocora) previo consumo o ingestione di parte o dell’intero frutto; ovvero per catturare gli stessi insetti, dalla digestione dei quali, alcune piante,
possono trarre sostentamento (es.: Droseraceae). Ed ancora, macrostrutture polimeriche polisaccaridiche costituite da unità fondamentali ripetute sono
sintetizzate dalle piante allo scopo di costituire elementi fondamentali di più complesse strutture di sostegno di organi quali fusto e foglie (cellulosa) o di sostegno
ed accumulo di acqua (mucillagini).